Pneumologia Riabilitativa in ORAS

Pneumologia Riabilitativa in ORAS

Pneumologia Riabilitativa in ORAS

La Pneumologia riabilitativa in ORAS è un vero e proprio modello in tutto il Veneto, potendo contare su un reparto avanzato, completo di palestre e attrezzature in grado di soddisfare fino a 15 pazienti ricoverati per problemi pneumologici e fino a 25 pazienti in regime di ricovero diurno al giorno.

L’Ospedale Riabilitativo di Motta di Livenza ha la possibilità unica di potersi dedicare a questa tipologia di pazienti, offrendo loro una quantità di esami, prestazioni e percorsi riabilitativi altamente specializzati per le affezioni derivanti dalle complicazioni che coinvolgono disturbi respiratori.
Abbiamo avuto una lunga conversazione con la dottoressa Maddalena Chizzolini, responsabile dell’UOS Riabilitazione Pneumologica di ORAS che ha visto crescere negli ultimi dieci anni di attività nel nostro Ospedale.

Dott.ssa Chizzolini, ci può presentare il reparto di Pneumologia Riabilitativa, come prima cosa?
“Si tratta di un reparto che accoglie casi molto complessi: abbiamo pazienti ricoverati con casi di trapianto di polmoni, per esempio, oppure pazienti tracheostomizzati. Si tratta di casi molto impegnativi che nel corso del tempo sono aumentati. Ricordo che eravamo partiti con sei letti, oggi sono più che raddoppiati: in questo momento ospitiamo 15 pazienti in regime di ricovero ordinario.

Da dove provengono questi pazienti?
Ci sono pazienti da tutto il Veneto, ma anche extraregionali. Abbiamo persone che vengono da Riccione o da Napoli. Si tratta di pazienti che comunque sono precedentemente passati dal centro trapiantologico di Padova che, una volta eseguito l’intervento, inviano qui i loro pazienti per seguire il percorso riabilitativo. In generale ad ORAS vengono mandati i casi più difficili, per cui abbiamo anche un alto numero di casi. In questo senso, siamo felici di poter aiutare quanti più pazienti possibile, e di essere un’ottima occasione formativa per gli studenti della Scuola di specializzazione in Malattie del sistema respiratorio dell’Università di Padova che vengono qui ad imparare sul campo, in una delle pneumologie riabilitative più avanzate del Veneto, se non la più avanzata.

Si tratta di una vera e propria palestra per le nuove leve.
Esatto. Non solamente per la vasta gamma di patologie che trattiamo in ORAS, ma anche per la possibilità di accedere alla grande esperienza di medici come il dott. Giorgio Santelli (ex primario Pneumologia AULSS2 Treviso), dei radiologi e degli specialisti che operano in questo Ospedale. Qui c’è sempre un continuo confronto, anche con il personale di radiologia: adesso che c’è la nuova TAC in ORAS abbiamo facilitato l’accesso a questo esame diagnostico specifico per il polmone, e quindi anche la discussione multidisciplinare, che è una parte molto importante di confronto clinico è arricchita dal parere del primario di radiologia dott. Giancarlo Addonisio e dall’esperienza del dott. Sannini e dei radiologi che operano in struttura. Per gli specializzandi non può esserci palestra migliore. Facciamo molte broncoscopie con loro, abbiamo messo loro a disposizione un simulatore: si tratta di uno speciale manichino su cui fanno pratica facendo broncoscopie.

La pneumologia riabilitativa ospita anche pazienti con malattie infettive.
Esatto. Siamo ormai inseriti nel PDTA, ovvero il percorso diagnostico terapeutico delle micobatteriosi, e quindi dei pazienti broncoectiasici, che sono un’altra piccola fetta di pazienti. Persone con malattie infettive sanno che possono contare su di noi perché la fisioterapia bronchiale è una delle evidenze migliori nei pazienti con le bronchiectasie, per cui questo tipo di percorso clinico è entrato ormai in un modello collaudato. Naturalmente, c’è anche un continuo rapporto di comunicazione e confronto con gli ospedali di Oderzo, di Treviso, con ULSS2 e con le varie pneumologie del Triveneto con le quali abbiamo stabilito un network che ci permette di trasferire facilmente i pazienti da loro a noi, e poi noi lo rimandiamo a casa, riabilitato.

Quanto tempo ci è voluto per arrivare a questo risultato?
Questi sono meccanismi che andavano costruiti di sana pianta. Io sono arrivata in ORAS nel 2014, ormai sono quasi dieci anni. Allora i pazienti che venivano ricoverati qui erano persone della zona, per la maggior parte si trattava di soggetti più o meno stabili, senza troppa varietà di patologie. Ho contribuito allora a costruire da zero un modello di comunicazione e confronto con altri istituti, basato sulla fiducia e sui risultati, mano a mano hanno cominciato ad affidarci casi sempre più complessi, che riuscivamo a riabilitare. Il network cresceva, e così anche il numero dei pazienti e la varietà della loro provenienza. Si tratta del lavoro di una vita, e sono davvero molto orgogliosa oggi di assistere all’epoca d’oro della Pneumologia Riabilitativa in ORAS.

Oltre al regime di ricovero ordinario c’è anche un’altra parte importante, qui in Ospedale.
Sì, è il ricovero diurno, ovvero il Day Hospital Riabilitativo. È una fetta molto importante della nostra attività perché ospitiamo fino a 25 pazienti al giorno. Si tratta di un grande numero di pazienti che trovano in ORAS personale infermieristico, fisioterapico e operatori altamente qualificati, oltre ad attrezzature e palestre completamente attrezzate.

Negli ultimi dieci anni ORAS ha costruito una pneumologia riabilitativa avanzata e di riferimento per tutto il Veneto. Cosa ci aspetta nei prossimi dieci anni?
Ci sono tantissime idee che vanno esplorate ancora. ORAS, per quanto avanzato rimane ancora una realtà piuttosto decentrata, ma questo non ha mai fermato l’intraprendenza unica di questa Struttura. Già oggi c’è un servizio di navette che trasportano i pazienti da Treviso, e non è da escludere che in futuro un simile servizio potrà funzionare verso il Friuli, fino a Pordenone o Udine e ai grandi centri ospedalieri. Potremo diventare anche interlocutori di San Donà o Portogruaro, dove non esiste una pneumologia.
In questo senso, nel futuro di ORAS c’è sempre questa caratteristica tipica del nostro Ospedale: la capacità di saper volgere le situazioni apparentemente penalizzanti in vantaggi. Il fatto di essere posizionati nel Veneto Orientale da una parte è vero che ci allontana dai bacini delle grandi città capoluogo di provincia, ma dall’altra parte ci ha permesso di stabilire un modello di reparto e organizzativo che può essere d’esempio a tutte queste grandi città e tutti i distretti sanitari della Regione.
Forse nei prossimi dieci anni, anche i pazienti di Vicenza o Verona potranno trovare nelle loro città riabilitazioni pneumologiche ispirate al modello di ORAS. D’altra parte, nella riabilitazione ormai è impossibile non credere: i risultati che produce il percorso riabilitativo sono dimostrati da tantissimi studi clinici che ne confermano l’efficacia in termini di prognosi, di cura, di mortalità. È chiaro che in tempi così difficili per la sanità non ci sono molti centri che si possono permettere una riabilitazione, per cui è richiesta una riflessione a lungo termine, se vogliamo che realtà come quella di ORAS possano prendere sempre più piede in tutto il territorio.
Ecco, forse è proprio questa la sfida che ci si pone nei prossimi dieci anni: oggi siamo capostipiti di un modello, ma domani potremo essere paladini della riabilitazione, e questo aiuterà non solo i pazienti, ma anche il sistema stesso: la riabilitazione può fare sì che la popolazione di malati abbia meno recidive di una malattia, o meno riacutizzazioni di una patologia cronica respiratoria, facendo risparmiare notevoli risorse al sistema sanitario, e migliorando le condizioni di vita dei cittadini.
Non dimentichiamo mai che una popolazione che sta bene è una spesa in meno per la sanità pubblica.

Nel futuro della medicina, soprattutto dopo il Covid, si parla molto di teleriabilitazione: è un argomento da tenere sotto osservazione anche per la pneumologia riabilitativa?
È un aspetto molto importante di ciò che ci aspetta, e che dovremmo inseguire. A prescindere dagli aspetti clinici, la teleriabilitazione promuove una cultura di vita attiva anche presso popolazioni anziane, perché obbliga il paziente ad essere pienamente consapevole.
Non è come un controllo o una visita in ospedale: costringe la persona ad interessarsi dei dispositivi, a impratichirsi delle tecnologie e della trasmissibilità dei dati, e vincola il paziente a prepararsi per trasmettere le informazioni correttamente.
Nel campo pneumologico i paziente anziani che si muovono e che rimangono più attivi sono i pazienti che vivono di più.
Questo tipo di coinvolgimento mantiene la persona anziana attiva, ed è fondamentale, al di fuori del micro ricovero di qualche giorno o qualche settimana in ospedale.
Non dimentichiamoci che la riabilitazione è un momento della vita di una persona, tipicamente concentrato dopo un evento acuto. È un momento importante, sia chiaro, ma propedeutico all’apprendimento di un nuovo stile di vita, che dovrà essere poi mantenuto per tutta la vita.
L’impegno, il coinvolgimento, la dedizione del paziente sono la condizione necessaria affinché il paziente rimanga attivo anche dopo il percorso riabilitativo. Naturalmente, poi, c’è l’aspetto clinico: durante la riabilitazione il paziente impara a riconoscere i segnali di pericolo, i prodromi di una riacutizzazione, i diversi tipi di dispnea a cui può essere soggetto. Tuttavia, è difficile che una volta tornato a casa si dedichi con la stessa intensità a proseguire il lavoro svolto in ospedale nelle tre settimane di percorso: questo comportamento è comune a moltissime persone, ma la teleriabilitazione potrebbe fornire una buona spinta motivazionale per continuare a svolgere i propri esercizi ogni giorno, rimanendo in contatto con il terapista.

In che modo la cultura digitale può aiutare questo tipo di pazienti, in particolar modo quelli più anziani?
C’è un gruppo di pazienti con BPCO (Bronco Pneumopatia cronica ostruttiva) che è composto anche da molte persone anziane, la cui condizione ha precluso una buona parte di vita sociale. Proprio per questa ragione, questi pazienti hanno sviluppato un’attività di gruppo molto intensa utilizzando le moderne tecnologie digitali, con buona pace di chi pensa che gli anziani non siano in grado di usare internet: whatsapp, facebook, chat, mail, videoconferenze: questi pazienti, nativi analogici e ormai non più interessati ai social media, hanno imparato con passione come utilizzare tutte queste tecnologie digitali per confrontarsi, tenersi compagnia, vivere una vita sociale e ristabilire una normalità in termini di amicizie, frequentazioni, affetti.

Dopo la riabilitazione in regime di ricovero ordinario c’è il Day Hospital.
Esatto: il paziente viene tre volte a settimana qui in Day Hospital per uno o più cicli riabilitativi. Ma un fattore importante del ricovero diurno non è solo la continuazione del percorso riabilitativo, ma l’inizio della costruzione di un progetto di vita a fianco della malattia in cui decide come affrontarla e come vuole che le sue abitudini cambino con questa nuova presenza importante, ma gestibile. Quando la teleriabilitazione sarà una realtà assodata il paziente potrà continuare il suo percorso clinico anche a casa, e magari, chissà, noi in ospedale non lo vedremo più, con un po’ di fortuna.

Perché non succede già così?
Perché la riabilitazione non è ancora una delle prime soluzioni a cui si pensa. Ricordiamoci che, come dicevamo prima, non ci sono molte strutture come ORAS, capaci di fornire attrezzature e supporto alla riabilitazione pneumologica, perciò al presentarsi di un evento acuto si pensa alla riabilitazione come ultima risorsa, e noi siamo condizionati ad avere pazienti che ci arrivano in condizioni già gravi. In futuro, forse, se gli ospedali adotteranno un modello come il nostro, il percorso riabilitativo sarà la prima risorsa a cui affidarsi e magari le cose miglioreranno sensibilmente, perché ricordiamo che la riabilitazione interrompe il circolo vizioso delle riacutizzazioni per cui un paziente entra ed esce continuamente dall’ospedale ad ogni nuovo episodio di acuzie che non fa altro che peggiorare la sua prognosi.

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