TERAPIA OCCUPAZIONALE ORAS

TERAPIA OCCUPAZIONALE ORAS

LA STANZA DI TERAPIA OCCUPAZIONALE DI ORAS

Appeso all’ingresso della stanza di terapia occupazionale c’è un poster che ritrae Bebe Vio; dietro di lei è scritto “Volere è potere”. Per chi entra, l’atleta paralimpica è un simbolo: ogni volta che quella porta viene aperta Bebe ci ricorda che tutto è possibile. Anche le sfide che sembrano impossibili.

Dentro, invece, la stanza di Terapia Occupazionale di ORAS non sembra affatto una palestra: c’è un voluminoso tavolo da ping-pong, poco più in là prende posto un bersaglio per il tiro con l’arco, c’è un lavello, piatti, detersivo, alcuni fornelli elettrici, un fornetto. E poi un calcetto balilla, di quelli che si trovavano nei bar. Da alcune scatole emergono un pallone, un canestro, alcuni oggetti di uso quotidiano.

 

LE TERAPISTE OCCUPAZIONALI: INTERVISTA

Sedute attorno al tavolo da ping-pong piegato a metà ci sono Valentina, Silvia e Azzurra, le tre terapiste occupazionali di ORAS. Sorridono dietro le mascherine, si vede dagli occhi. Hanno riservato un po’ di tempo per parlarci della palestra e delle attività che svolgono con i pazienti dell’Ospedale.

“Dovremmo cominciare con lo spiegare chi è un terapista occupazionale.” spiega Valentina “Un T.O. è un facilitatore che aiuta la persona che ha subìto una mielosione o una grave cerebrolesione a recuperare quei gesti che sono quotidiani per noi, ma che adesso per loro richiedono abilità diverse. Anche solo preparare la tavola, rifarsi il letto, lavarsi, gesti così automatici da non accorgerci nemmeno che li facciamo, devono essere appresi nuovamente, utilizzando abilità diverse e aiutandosi con ausili. Ogni persona è unica nella sua condizione, perciò questo percorso non è codificato in modo standard, ma deve essere studiato caso per caso, ad personam.”

In seguito ad una disabilità acquisita, ci raccontano le Terapiste Occupazionali (T.O.), sono presenti delle “abilità residue”. Utilizzando queste capacità, attraverso delle strategie di compenso o un intervento di sviluppo di nuove abilità, accompagnano il paziente a svolgere le attività quotidiane che prima erano automatiche. Le attività dei T.O. sono finalizzate al reinserimento del paziente nella vita di tutti giorni: personale, familiare, sociale e lavorativa. È necessario dunque sviluppare non solo nuove abilità motorie e cognitive, ma anche di adattamento all’ambiente.

“È una parte importante della riabilitazione che svogliamo in ORAS” continua Azzurra “ed un momento fondamentale dell’approccio multidisciplinare: nei reparti i nostri colleghi si occupano di fornire ai pazienti stabilità clinica e psicologica, grazie al lavoro di tante professionalità diverse dai fisioterapisti alle logopediste agli psicologi e ai tanti professionisti coinvolti nel percorso riabilitativo. Noi qui provvediamo a fornire nuove modalità con cui la persona dovrà reintegrarsi con gli ambienti domestici e del mondo, e in generale nella socialità.”

Per questo il lavoro svolto in palestra occupazionale consiste nell’allestire per il paziente una serie di scenari simulativi in cui viene riproposto quel gesto, quel tipo di movimento, quel lavoro necessario a reinserire la persona nuovamente nella sua vita al di fuori dell’Ospedale, non solamente in casa o in famiglia, ma anche nella dimensione professionale.

ORAS ha come mission principale la riabilitazione di alta specializzazione di persone con disabilità in seguito ad una mielolesione o una grave cerebrolesione acquisita, ma riabilitare non vuol dire solamente consegnare al paziente la capacità di acquisire una propria autonomia: significa anche, e soprattutto, restituire una persona alla sua vita di prima, seppure con abilità diverse.

“Per questo, dietro alle molte attività che svolgiamo” racconta Silvia “lavoriamo con il paziente sul significato che essa nasconde: cerchiamo cioè di adattare la terapia a ciò che può maggiormente motivare una persona che sta affrontando per la prima volta una nuova condizione fisica. Se ad un paziente desidera cucinare, ci concentriamo su quell’attività. Se per un’altra persona la priorità è poter tornare a svolgere il lavoro di prima, il percorso riabilitativo sarà impostato in quel modo. Tutto può essere importante, perché quello che noi facciamo è aprire la porta delle possibilità: sapere che, impegnandosi, le difficoltà possono essere superate è la chiave che apre questa porta. Il resto, spetta naturalmente al paziente, e al supporto che riceverà una volta uscito dall’Ospedale.”

LE ATTIVITÀ DELLA TERAPIA OCCUPAZIONALE

Le attività che si svolgono nella stanza di Terapia Occupazionale sono molte: grazie alla collaborazione con il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) alcune di esse sono sportive, e aiutano le terapiste a valutare i progressi in ambito motorio: tiro con l’arco, calcio balilla, tennis tavolo, boccia, trail-orienteering. Altre, invece simulano attività casalinghe semplici quanto importanti come apparecchiare la tavola, lavare i piatti, stirare, cucinare, eccetera.

Altre attività ancora, svolte dalle terapiste con il resto del team, vedono i pazienti uscire dalla struttura per l’esperienza del Community Outing, ovvero svolgere delle piccole commissioni in autonomia come recarsi in banca, fare la spesa, eccetera. Questa esperienza aiuta il paziente a fare un ulteriore passo per la reintegrazione nell’ambiente esterno sia esso sociale che fisico.

Inoltre, in collaborazione con i pazienti, le terapiste possono costruire piccoli ausili, ovvero oggetti che li aiutano nello svolgimento di semplici azioni quotidiane o individuarne di già esistenti sul mercato e addestrare i pazienti al loro utilizzo.

Un’altra attività organizzata dalle T.O., in collaborazione con una carrozzeria che si occupa di allestimenti speciali per veicoli che contribuisce al miglioramento dell’autonomia, è la prova pratica di guida di un’auto: i pazienti hanno la possibilità di testare la guida di un’auto accessibile percorrendo un circuito creato appositamente all’interno del perimetro dell’ospedale per iniziare a far emergere la consapevolezza del come sarà tornare in piena autonomia sulla strada. Questa opportunità non va a sostituire in nessun modo il permesso alla guida che solo la commissione patenti speciali può conferire.

Valentina, Azzurra e Silvia chiudono le loro agende e, gentilmente salutano: devono tornare ai loro pazienti, e alle loro mille storie, ognuna diversa. Ma il loro lavoro aiuterà tutte queste persone a trovare un epilogo comune, fatto di autonomia, indipendenza, dignità.

“Volere è Potere” dice il poster di Bebe Vio, su quella porta al terzo piano del Padiglione D: per una volta, ci crediamo davvero!

COME SI DIVENTA TERAPISTI OCCUPAZIONALI

Il percorso di studi per diventare T.O. prevede la frequentazione del Corso di Laurea in Terapia Occupazionale al termine del quale si consegue l’abilitazione all’esercizio professionale. Il percorso accademico si articola in tre livelli che porteranno ad acquisire man mano conoscenze sempre più specifiche utili allo svolgimento della professione, partendo con lauree triennali per poi passare ai corsi di laurea magistrale di durata biennale.

Approfondisci:

Riabilitazione neuromotoria e gravi cerebrolesioni: https://www.ospedalemotta.it/it/riabilitazione/neuromotoria-e-gravi-cerebrolesioni/

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